“L’Italia possiede il 70% del patrimonio culturale mondiale” ; “In Italia ci sarebbero i due terzi del patrimonio artistico mondiale”; “Secondo una stima dell’Unesco l’Italia possiede il 70% delle ricchezze mondiali”.Queste sono solo alcune delle tante stime fatte da politici, assessori e ministri dei beni culturali. In realtà non è stata mai stilata una vera e propria percentuale che indichi quale Nazione possegga più patrimonio artistico. E’ stata redatta dall’ Unesco una lista (World Heritage List) dei siti considerati patrimonio naturale e culturale. L’Italia è il paese con il maggiore numero di siti Unesco “patrimonio dell’umanità”. A questo punto è possibile dire che l’Italia con 43 siti su un totale di 878 possiede il 4,8% del patrimonio artistico mondiale. Segue la Spagna con 40 siti, la Cina con 37, la Francia con 33, l’Inghilterra con 27 ed infine gli USA con 20. Quello che però sta succedendo nel nostro “Bel paese” è che, nonostante questa stima rappresenti una grandissima risorsa e fonte di guadagno (eravamo i primi al mondo nel turismo e adesso ci troviamo al 28° posto), non vi è alcuna attenzione e rispetto per il nostro territorio da parte delle istituzioni e di conseguenza degli stessi cittadini. L’Italia possiede il più ampio patrimonio culturale a livello mondiale con oltre 3.400 musei, circa 2.100 aree e parchi archeologici e, come è stato precedentemente detto, 43 siti Unesco. Nonostante questo dato di assoluto primato a livello mondiale, gli Stati Uniti, con la metà dei siti rispetto all’Italia, hanno un ritorno commerciale pari a 16 volte quello italiano; il ritorno commerciale della Francia e del Regno unito è tra 4 e 7 volte quello italiano. I ricavi complessivi da bookshop per i musei statali italiani sono pari al 38% del solo Metropolitan Museum.
Territorio, ambiente, paesaggio; governo del territorio, urbanistica, pianificazione territoriale...
giovedì 3 maggio 2012
Patrimonio Artistico e Politica: ricchezza e povertà d'Italia
Etichette:
Beni Culturali,
Costituzione,
Molise,
Patrimonio Artistico,
Pompei di Nola,
via Appia antica
lunedì 30 aprile 2012
Suolo dis-perso
Attualmente in Italia il consumo di suolo e la cementificazione
selvaggia rappresentano le principali minacce per i nostri territori. La perdita irreversibile di superfici
naturali non è sicuramente un problema recente ma trova le sue radici
nell’Italia della ricostruzione del dopoguerra, del boom demografico e della grande infrastrutturazione.
L’insieme di questi fenomeni, legati ad inappropriate se non inesistenti regole
nella trasformazioni dei territori, hanno esasperato nel tempo il problema che
oggi si manifesta in tutta la sua complessità, riversando sull’ambiente e sulla
società tutti gli effetti e le
esternalità negative che esso si porta dietro. In tal senso il fenomeno dello sprawl, e quindi della dispersione
urbana, la quale crea una rapida e sregolata crescita delle città, non può non
inserirsi in un più ampio contesto dell’uso del suolo inteso come USO UMANO del
territorio, in cui il cittadino viene ad essere principale ATTORE e quindi anche
il primo a subire degli effetti della sua gestione e/o modifica, giusta o
sbagliata che sia. Le domande da porsi sono molteplici: il consumo di suolo e
la crescita della popolazione camminano di pari passo? costruire case ed edifici
significa anche realizzare più infrastrutture? se tali infrastrutture si
rivelano necessarie, in che modo è possibile salvaguardare il territorio? quali
strumenti permettono o al contrario non riescono a disciplinare correttamente
tali processi? e soprattutto esistono esempi di comuni virtuosi in Italia che
sperimentano nuovi strumenti in grado rispondere alle reali esigenze dei
territorio? Dare delle risposte immediate ed esaustive non è un’operazione
semplice, ma offrire degli spunti di riflessione è sicuramente possibile.
Etichette:
brown fields,
città slow,
Consumo di suolo,
crescita zero,
pianificatore territoriale,
Sprawl,
Territorio
Ubicazione:
Torino, Italia
Iscriviti a:
Post (Atom)